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Salvaguardia Aquila di Bonelli in Sicilia
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Salvaguardia Aquila di Bonelli in Sicilia

L’Aquila di Bonelli è l’aquila più minacciata d’Italia. 

Nei primi anni del XXI secolo una minaccia molto seria incombe sull’Aquila di Bonelli in Italia: l’estinzione! Già estinta in Sardegna dove da almeno trent’anni non si avevano più osservazioni, e relegata alla sola Sicilia, l’Aquila di Bonelli ha rischiato di essere spazzata via dalla avifauna del nostro Paese! Per quale motivo? La domanda se la ponevano onritologi e naturalisti, ipotizzando alterazioni del paesaggio, della nicchia trofica o malattie, mentre la realtà era molto più semplice di quello che si poteva ragionevolmente pensare! La causa principale era UMANA!  

Uomini abietti e con pochi scrupoli prelevavano i giovani o le uova dai nidi delle Aquile, per rivenderli. Il traffico, si è scoperto dopo, era così organizzato che tutti i nidi conosciuti venivano sistematicamente razziati. Uno dei primi ad accorgersi di queste frequentazioni è stato un nostro socio che si è visto i farabutti davanti a sè, mentre scendevano dal nido dell’Aquila. E fu così che è partito un progetto di conservazione che ha coinvolto molti soggetti, uniti nel Gruppo Tutela Rapaci Sicilia.

La situazione a distanza di oltre un decennio, è sostanzialmente migliorata, ed è riassunta qui, mentre qui di seguito trovate alcune "perle" dei primi anni, come quella dell’adozione del giovane trafugato dal nido, restituito ai genitori! 

 

 

RAI2 si occupa del traffico di Aquile di Bonelli domenica 11 maggio 2014. Bellissimo servizio che narra la vicenda e il nostro impegno.

 

 

Seminario Università di Reggio Calabria : L´importanza degli uccelli da preda per la tutela e conservazione della biodiversità mediterranea. 13 maggio 2014.

 

LA LIBERAZIONE DELL´AQUILA DI BONELLI SEQUESTRATA

 

A 50 giorni dal saccheggio del nido, l´Aquilotto torna libero e viene riadottato dai suoi stessi genitori.

 

Il primo giorno di Salvo Grenci

Sono le 3 del mattino del 29 giugno 2013 e io non ho chiuso occhio. Non sono a casa, ad Agrigento, nel mio letto, ma nella mia auto, in una sperduta regia trazzera della campagna di provincia. Fuori è freschetto, 13 gradi, inusuali per fine giugno, bastano quelli a tenermi desto. Non tornavo qui dall’alba di quel maledetto 9 maggio, quando scoprii che i due aquilotti di circa 45 giorni di età erano appena stati rubati dal nido. Un nido in un posto del cavolo, diciamocela tutta: conoscendo il posto ci si arriva facilmente, ci si scende con il minimo sforzo e sorvegliarlo non è facile, tanto è isolato dalle strade convenzionali. Le ruberie accertate di pulli, con questa, sono state due o tre, eppure le aquile di Bonelli continuano a costruire il nido su questa insipida roccetta di calcare, invece di trasferirsi altrove, probabilmente perché la vallata è isolata, tranquilla, ricca di prede, soprattutto conigli selvatici.

L´impegno che mi ero assunto come membro del Coordinamento Tutela Rapaci Sicilia di monitorare giornalmente questo sito di riproduzione ci ha consentito di lanciare un immediato allarme e denunciare con conseguente tempestività quanto era accaduto. Scattavano quindi le attività investigative del Servizio CITES del Corpo forestale e della magistratura che si concretizzavano con il ritrovamento in casa di un bracco-falconiere dei due aquilotti a ben 1500 km di distanza dalla Sicilia. Purtroppo uno dei due aquilotti non era sopravvissuto allo stress di un viaggio così lungo e alla probabile incuria del furfante che le deteneva che dopo la sua morte lo aveva gettato in una risaia.

L´altro aquilotto invece era fortunatamente in buone condizioni e veniva dapprima portato presso il Centro recupero di Vico nel Lazio e poi trasferito in Sicilia presso il CRFS di Ficuzza della LIPU.

Abbiamo discusso un po’ prima di prendere questa decisione, ma piano piano aumentava la ferma convinzione che ci fossero tutti i presupposti per restituire l´aquilotto ai propri genitori affinchè lo riadottassero.

Dunque, 50 giorni dopo rieccoci sul luogo del misfatto! Siamo un bel gruppetto, stamattina: il sottoscritto, Andrea Ciaccio, Giovanni La Grua, Massimiliano Di Vittorio, Eduardo Di Trapani e quattro agenti del CFS. Dopo arriveranno anche Angelo Scuderi, Francesco Palazzolo e Giuseppe Rannisi. Alle 4 è ancora buio ma scendiamo vicini alla parete. L’aquilotto è già pronto, marcato e inanellato: una vistosa decolorazione sulle ali e la minuscola ricetrasmittente fissata ad una timoniera ci aiuteranno a riconoscerlo e a cercarlo nel periodo successivo alla liberazione.

L´aquilotto ha delle penne decolorate per facilitarne l´identificazione

 

 

Sempre alla luce delle torce, Max e Andrea, dopo una breve scarpinata, lo assicurano al blocco: prima di liberarlo, infatti, sarà opportuno verificare la reazione degli adulti e intervenire in caso qualcosa non dovesse andare in base alle previsioni. Finite le operazioni, ci allontaniamo.

 

Nelle poche ore passate al blocco il piccoletto mostra una straordinaria vitalità: salta, cerca di gettarsi di sotto, osserva con interesse piccioni e taccole che gli passano davanti, schiva il mobbing degli inferociti grillai che, numerosi, occupano le pareti frontali. Passa ancora del tempo e Max, finalmente, vede arrivare un adulto: passa dritto, senza apparentemente degnare di uno sguardo il figlio perduto. Dov’è finito? Il tempo passa, il giovane, sempre più irrequieto, sembra interessato alla parete di fronte, a noi nascosta. Suggerisco a Max di accelerare le operazioni di rilascio: secondo me c’è almeno un adulto posato, che non si avvicina al giovane intuendo qualcosa di strano.

OK, si scende: Max e Andrea in pochi minuti lo liberano. Lui rimane una ventina di secondi sdraiato a terra, immobile, probabilmente chiedendosi in che razza di avventura sia andato a cacciarsi, poi decide che è ora di salutarela compagnia degli umani. Alè, un volo potente, deciso, mai insicuro, un breve giro nella vallata e l’atterraggio su un mammellone di incolto, a circa500 metrida noi.

L´Aquilotto spicca il volo dalla parete. Notare le decolorazioni alari.

 

“Cosa accadrà, adesso?” ce lo chiediamo tutti,perchè probabilmente è la prima volta che viene tentata un’operazione del genere. Ottimismo e dubbi si incrociano impietosi per qualche minuto, finchè non arrivano gli adulti: lo sfiorano con brevi picchiate, ma senza nemmeno tentare di artigliarlo. Capiamo subito che non sono veri attacchi: ricordano, piuttosto, l’azione tipica degli adulti sui giovani che hanno appena lasciato il nido, l’ho visto fare alle Bonelli, ai Bianconi e ai Capovaccai. Tentativi di convincerli a prendere subito una termica o ad allontanarsi da una situazione di potenziale pericolo. Stimoli, insomma. Più volte entrambi si posano accanto al giovane, hanno lo sguardo perplesso. L’avranno riconosciuto? O l’istinto genitoriale, stroncato da quel miserabile furto dell’8 maggio, in realtà era ancora ben desto? E quello che fa? Perché non si toglie da lì, dal sole cocente e dal potenziale attacco di volpi? Passeremo l’intera giornata a monitorarlo, ora direttamente, ora facendo giri pazzeschi su strade da Camel Trophy, perché il segnale radio si indebolisce tutte le volte che si mette al riparo dietro il rialzo. Non siamo più sicuri di nulla, ma c’è il sospetto che i genitori ad un certo punto gli abbiano persino portato una preda. Il dubbio resterà irrisolto, lui sembra intenzionato a passare lì la notte…e qualcuno di noi, in auto, a distanza, gli farà compagnia.

 


 

Il secondo giorno di Giovanni La Grua, Andrea Ciaccio, Massimiliano Di Vittorio e Angelo Scuderi...

Passiamo una di quelle notti che non puoi definire tra le migliori della tua vita, più da incubi che da sogni! La mattina siamo tutti svegli prima dell’alba, un caffè veloce al bar e subito alla ricerca della miglior postazione per ricevere il segnale radio. Appena scesi dall’auto, Massimiliano accende la radio e.. ahi.. il segnale è nello stesso posto dove lo abbiamo lasciato ieri sera. Pensiamo alle 4 volpi viste ieri nei lunghi giri nella valle e teniamo il fiato sospeso per lunghi minuti. Ci avviciniamo al ciglio di una cresta, il segnale è sempre più forte, siamo vicini, ci affacciamo e... l’aquilotto parte in volo a meno di 10 metri da noi!!! Salti, abbracci, urla: l’aquilotto è vivo e vola bene. Una delle più belle gioie della nostra vita. Ci rimettiamo quindi alla sua ricerca e lo ritroviamo circa un chilometro più giù nella valle appollaiato su una roccetta.

L´Aquilotto posato sulla parete il giorno dopo

 

Un adulto lo sorvola ma non scende. Noi ci allontaniamo e l’aquilotto spontaneamente si invola, sembra voler salire in quota ma poi ridiscende su una franata di rocce. Ci sistemiamo a debita distanza e aspettiamo. Ad un tratto mi accorgo che si mette orizzontale e grido agli altri che sta per volare. Metto l’occhio al cannocchiale e vedo spuntare davanti a lui 2 orecchie: "un coniglio !!" urlo, già pregustando la prima azione di caccia, poi spunta una faccia, un muso: "No, è una volpe!!"A meno di un metro dall’aquilotto si affaccia una volpe tra le pietre. Lottiamo tra la voglia di buttarci a capofitto nel dirupo sotto di noi e la ragione che ci dice di non intervenire.

Sperimentiamo “l’arresto cardiaco in vivo” e rimaniamo incollati a binocoli e cannocchiali. Poi, così come era spuntata, la testa scompare tra le rocce. Rimaniamo in allarme per paura che sia una mossa diversiva per prenderlo alle spalle, ma l’aquilotto sembra tranquillizzarsi. Dopo un po’ decide di partire in volo, sono già le 12,20, l’aria è calda, fa un giro basso nella valle, poi ci passa sulla testa per salire sulla collinetta dove siamo appostati e via: la sua prima termica!!! Emozione a mille.

 

Ognuno di noi può contare sulla punta delle dita le vere emozioni della sua vita. Ecco, questo giorno sicuramente è uno di quelli. L’aquilotto vola alto e poi, chiude le ali in quell’atteggiamento stupendo del rapace in scivolata e va a posarsi a un paio di chilometri sul ciglio della valle dall’altro lato. La padronanza del volo, del volteggio in termica senza batter d’ali e la scivolata indirizzata con maestria lì dove voleva scendere ci meraviglia. E pensare che fino a 24 ore fa aveva fatto solo dei voletti in gabbia. Con una gioia incredibile e già consapevoli che il più era fatto ora dovevamo solo constatare che gli adulti gli passavano da mangiare. Intanto ne abbiamo approfittato per andare noi a bere, mangiare e festeggiare in un bar nel paese vicino. Ritorneremo sia nel pomeriggio che nei giorni seguenti sempre verificando che l’aquilotto sta bene, vola da solo o in compagnia dei genitori, dorme in parete e, finalmente, dopo qualche giorno viene osservato col gozzo pieno. Tutti i segni di una restituzione completa alla sua vita naturale ci sono. Da allora abbiamo continuato a seguirlo periodicamente e a oltre un mese dal rilascio il nostro prode aquilotto, che in sole 24 ore ha dovuto e saputo affrontare insidie che non potevamo mai immaginare di vedere in diretta, continua la sua libera e naturale esistenza.

Uno degli aquilotti marcato e inanellato prossimo all’involo

Per capire appieno l’intervento che è stato realizzato è necessario conoscere le caratteristiche etologiche del periodo in cui l’aquilotto è stato liberato. Dopo circa 60 giorni dalla nascita, gli aquilotti lasciano il nido, cominciano ad esercitarsi nel volo e, raggiungendo un sufficiente grado di abilità, effettuano le prime prove di caccia. Si buttano su tutto ciò che stimola in loro l’impulso a cacciare ma raramente riescono a far loro la preda. Quando hanno fame ricorrono ai genitori che continuano a stazionare vicino ai giovani e lasciano loro le prede catturate. Questo periodo continua per un paio di mesi finchè, a fine agosto/settembre, i giovani, ormai capaci di cacciare da soli, si allontanano sempre più dal territorio di nascita fino ad uscire completamente dall’home range dei genitori.

Rimarranno in questa fase di dispersione per circa 2 o 3 anni fino al momento in cui si uniranno ad un partner per occupare un territorio (area di reclutamento) nel quale diventeranno riproduttori a loro volta. Il nostro aquilotto si trovava proprio nella prima fase dopo l’involo, era già potenzialmente capace di volare ma ancora incapace di procacciarsi il cibo e quindi doveva essere necessariamente ri-adottato dai propri genitori. Se si fosse perso altro tempo sarebbe stato meno prevedibile il comportamento degli adulti, avrebbero potuto essere già lontani dal sito o considerarlo un estraneo. Invece liberarlo successivamente a questo periodo, quindi dopo settembre/ottobre, avrebbe rappresentato un rischio in quanto nel frattempo avrebbe reiterato i rapporti con l’uomo e in più sarebbe stato necessario un periodo di esercitazione artificiale alla caccia.

 

 

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