"Birding the Rock!” 10-12 aprile 2015
Uno scoglio di granito in mezzo al mare. Il nome Montecristo evoca un’aura di mistero che nasce da un intreccio di situazioni degne del famoso romanzo di Dumas, perché l’isola non solo è Riserva naturale statale biogenetica con vincoli di visita e di approdo, ma è anche un’isola con tante peculiarità naturalistiche, a volte misteriose come il famoso conte.
Nel contesto del XXV meeting della nostra associazione abbiamo avuto i permessi per visitarla e per compiere osservazioni naturalistiche dell’avifauna migratrice.
Montecristo è uno scoglio, ma non particolarmente piccolo: l’estensione totale è di 10 kmq, ma quello che la caratterizza è l’asprezza della sua natura. Da lontano, sembra un cono vulcanico, addirittura per noi si palesa con un pennacchio di fumo, ma non è così: Montecristo è granitica. Ci avviciniamo dal mare, dopo un’ora di motonave da Pianosa e veniamo rapiti dalle giogaie nude che si gettano a mare quasi senza copertura vegetale. Il granito di Montecristo è così duro che difficilmente viene insidiato dalle radici della macchia mediterranea, che si fa spazio solo là dove la roccia è meno solida. L’effetto complessivo è quello di un’isola che sembra lanciata in mare da un gigante pochi minuti prima. Gli alberi sono pochissimi e le cime della cresta di spartiacque sono nude, come lame.
C’è un unico approdo, la cosiddetta Cala Maestra, con una piccola spiaggetta, di sabbia fine. Sul molo, ci aspetta il Corpo Forestale dello Stato, con due agenti che ci guideranno sull’isola, dato che non si può visitarla in autonomia, né fare il bagno, o mettere mano nell’acqua. L’isola è riserva integrale dove la Natura deve essere sovrana. I sentieri per esplorare l’isola sono solo 3, e noi ci dividiamo in due gruppi. Uno prende la via bassa, l’altro si spinge fino al Monastero.
A Montecristo, non c’è nulla, ma non è che non ci sia stata presenza umana, anzi, c’era l’eremita, San Mamiliano, e la comunità monastica vi aveva costruito anche un mulino successivamente devastato dai pirati saraceni nel XIV secolo. Napoleone ci fece mettere un presidio militare. Nel 1852, il nobile inglese Taylor la prese in affitto e ci fece costruire l’omonima villa, poi vi arrivò il garibaldino Settembrini per saccheggiarla; fu acquistata dallo neonato Stato italiano che la utilizzò come colonia penale. Dal 1889 fu riserva di caccia del marchese fiorentino Lisci che invitava regolarmente anche Vittorio Emanuele III. Nessun luogo è così remoto da non essere coinvolto nella Storia, soprattutto se in mezzo al Tirreno.
Il nostro approccio a Montecristo è stato quello di aprire uno scrigno di Natura prezioso e (quasi) inviolabile, ma prima di dirvi cosa abbiamo visto, non si può dimenticare di tornare indietro a Pianosa. Le due isole sono totalmente differenti, visto che Montecristo è un’isola di granito e Pianosa piatta e calcarea, ma entrambe assistono pazienti, alla grandiosa migrazione dei passeriformi attraverso il Tirreno.
Siamo qui per fare della Citizen Science, perché abbiamo delle competenze specifiche: sappiamo riconoscere gli Uccelli. Mentre di Pianosa le conoscenze ornitologiche sono abbastanza complete, dato che vi opera anche una stazione di inanellamento, di Montecristo si sa poco o niente. O meglio, quello che riporta dalla sua visita, qualche eletto. Su Ornitho, che è la piattaforma condivisa per il progetto Atlante nazionale tra il 2012 e il 2014 per Montecristo sono riportati solo 16 dati.Dopo la nostra visita sono 240.
Siamo stati invitati dalla Direttrice del Parco Nazionale Arcipelago Toscano, Franca Zanichelli, che ci ha accompagnato per tutto il viaggio e ci ha fatto praticamente da guida naturalistica, da cicerone, da accompagnatrice preparata e severa per due giorni.
Il nostro è un gruppo di 50 persone, e non più di 50, per vincoli di numero di visitatori. Un meeting difficile da organizzare, visto che ci sono tre tratte marine da percorrere, difficoltà di alloggio e di spostamento. A Pianosa ci dividiamo nell’hotel Milena gestito dalla cooperativa San Giacomo e nella foresteria della Polizia penitenziaria perché non ci stiamo tutti a dormire.
A Pianosa c’è il muro, che separa la parte pubblica dalla zona proibita, ma l’isola non ne patisce ed è di una placida bellezza che incanta!
Non togliamolo questo muro, perché divide l’abitato, completamente abbandonato, dalla Natura. Che anche qui non è la Natura invitta, ma quella addomesticata della colonia agricola penale.Ci buttiamo nella macchia mediterranea e tra asfodeli e rosmarini fioriti osserviamo molti migratori: il giorno 11 gran numero di Luì piccoli (centinaia), con qualche Luì bianco, almeno un Luì grosso e alcuni Luì verdi. Balie nere e Codirossi comuni, un paio di Usignoli, un Torcicollo, un’Upupa, una Tortora selvatica, un Cuculo. Vediamo anche Biancone e Culbianco, alcune Pispole e uno Stiaccino.
La passeggiata fino a Punta del Marchese ci permette di osservare anche un Gabbiano corso e alcuni Marangoni dal ciuffo. Interessante per chi faceva il Big Year, l’osservazione di due Pernici rosse sullo stradello. Nella macchia scoviamo alcune Magnanine comuni e una Sterpazzolina (di Moltoni) in canto, accanto agli onnipresenti Occhiocotti.
Una visita presso la colonia agricola permette di ritrovare una spiumata di Barbagianni.
Nel porto, due Alzavole, maschio e femmina, che hanno deciso di sostare romanticamente, qui.
Fotografiamo anche la lucertola muraiola di Pianosa (Podarcis muralis insulanica), i cui maschi hanno bellissimi fianchi blu.
Un meeting di sbarchi e di imbarchi. Il 12 aprile ci imbarchiamo per Montecristo con un mare calmissimo e una bella giornata primaverile. Durante la traversata, vediamo un Falco di palude in volo sul mare e un solitario Gabbianello.
Il sentiero che giunge al Monastero offre una vista superba su Cala Maestra. Resa ancora più superba dalla presenza di tre Pellegrini, 2 maschi e una femmina,che strepitano e che si posano anche sulla sacra struttura. Di contorno, un Corvo imperiale. Montecristo essendo impermeabile, ha acqua di superficie abbondante in questa stagione, e molti migratori ne approfittano per abbeverarsi. Uno Spioncello e diversi Pettirossi bevono dai piccoli rii che scendono dalla montagna, mentre nella macchia si fanno sentire le Magnanine comuni e qualche Occhiocotto. Vediamo posato, a distanza, un Falco pescatore che speriamo, abbia deciso di fare base qui. Di interessante, alcune coppie di Coturnice orientale, specie alloctona immessa dal marchese, che ha qui l’unica popolazione italiana che si autosostiene.
L’altra specie particolare di Montecristo è il Venturone corso. I grandi pini marittimi di Cala Maestra offrono asilo al Verzellino, ma si fa vedere in maniera discreta da pochi del gruppo, anche un Venturone corso. La popolazione parrebbe abbastanza scarsa forse per un ambiente poco alberato.
Scoviamo anche due altre particolarità di Montecristo che non hanno a che fare con l’avifauna: la famosa capra, sulla cui importanza naturalistica si stanno interrogando i genetisti, e il discoglosso sardo, con molti girini e qualche adulto nelle pozze di acqua.
Un meeting estremamente interessante, che ci ha posto di fronte a molti interrogativi su cosa significhi gestione della Natura, in un contesto naturalistico molto suggestivo e unico. La nostra parte di scientists cittadini l’abbiamo portata a termine in maniera entusiastica, e avremmo anche voluto visitare la costa occidentale di Montecristo, all’insegna della domanda: “ma chi vede laggiù?” Ma poi è meglio “vedere” o lasciare che la Natura faccia il suo corso; è meglio operare attivamente o aspettare gli eventi?
Sono domande che meriterebbero l’attenzione di un congresso specifico e dei naturalisti. Noi per ora siamo contenti di aver fatto la nostra piccola parte.
Si ringraziano l’Ente Parco Arcipelago Toscano, il Corpo Forestale dello Stato Ufficio Biodiversità, l’Amm. Prov. Penitenziaria Distaccamento di Pianosa, il Comune di Campo nell’Elba e tutti i partecipanti, giunti da 7 Regioni italiane e dal Canton Ticino.