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24ore BIG DAY 2006
Il Birdwatching Italiano | check list degli uccelli italiani | attrezzatura per birdwatching

24ore BIG DAY 2006

La "24 ore" di EBN Italia
Settima edizione
6-7 maggio 2006

Il racconto di Giovanni Abete uno delle "Recchie di Pulicano", gruppo vincitore della settima edizione del Big Day con 134 specie registrate in 290 km percorsi quasi interamente in provincia di Caserta.

1° posto: Recchie di Pulicano 134 specie
2° posto: Gli Osei scampai 131 specie
3° posto: I Menacò 131 specie
4° posto: Gli Scorcababi 118 specie
5° posto: I Lanariotti 115 specie
6° posto: Cacazappe 112 specie
7° posto: Little brown jobs 110 specie
8° posto: Gli svassi peggiori 109 specie
9° posto: Les grimpereaux des bois 106 specie
10° posto: Gli Scaranzoni 105 specie
11° posto: Gli Or...fanelli 101 specie
12° posto: I cardellini varesini 89 specie
13° posto: Gli uccelli di Neruda 86 specie


Iniziamo dalla fine: cosa faranno tre ragazzi in mutande, piuttosto agitati, in mezzo a un sentiero secondario delle vasche di Ischitella, passate le otto di sera, laddove qualche minuto prima cacciava uno splendido Gufo di palude? Per capirlo dobbiamo tornare indietro a qualche giorno prima.
Fin quasi al giorno prima della gara, io e Francesco aspettiamo notizie circa il famoso fattore OJ. Per i pochi che non l´avessero capito, trattasi di Ottavio Janni, valente guida della squadra nelle passate due edizioni. E´ a Linosa e dice che non ce la farà ad esserci, ma noi crediamo che in fondo non resisterà al richiamo della 24ore. Gli telefoniamo almeno tre volte al giorno per chiedergli consigli sullo scouting, ma lui resiste alle nostre pressioni psicologiche. Alla fine ci ritroviamo con un componente in meno e una reputazione pesante sulle spalle da difendere. Francesco propone addirittura di portarci dietro sua madre... (ancora adesso mi chiedo se stesse scherzando), poi compare finalmente Rosario. Siamo in tre, numero perfetto; e Rosario si rivelerà presto un componente fondamentale del gruppo.
Passiamo la notte in un bell´agriturismo a S. Potito, vicino Piedimonte Matese. Come l´anno scorso partiamo dalla montagna per poi scendere al mare. Alle 23:30 stiamo ancora parlando della strategia. Alle 23:35 Francesco e Rosario già russano. Ma come diavolo fanno? Dopo averli ascoltati esibirsi all´unisono, poi in maniera alternata, capisco che non posso sfuggire al mio solito destino di veglia. Guardo l´orologio la prima volta a mezzanotte, poi all´una, poi alle due; poi lo guardo ogni dieci minuti fino alle tre. La sveglia sarebbe tra mezz´ora, ma io comincio a fare casualmente un casino tremendo, così alle tre e mezza siamo già fuori in gara.
Iniziamo bene: la civetta ci aspetta gentilmente fuori la porta dell´agriturismo. Ci dirigiamo verso Piedimonte: Francesco vede un campo da calcio con vicino un campanile ed esclama profetico "questo è un posto per il Barbagianni". Appena scesi dalla macchina rabbrividiamo di piacere al suo terribile verso! E´ la prima volta che lo becchiamo in gara: Ottavio sarà orgoglioso di noi! Bene, bene... Dopo duecento metri cerco di emulare Francesco scegliendo un boschetto per l´assiolo. Provo a imitare il canto e lui subito risponde. Siamo gasatissimi. Giungiamo sotto casa di Ottavio: cerchiamo quasi di arrampicarci sul suo balcone, da dove nelle altre gare si sentiva sempre il passero solitario. Niente da fare. Prima che qualcuno chiami la polizia ci inoltriamo nel borgo antico, e finalmente anche l´uccello del poeta decide di farsi ascoltare. Iniziamo l´ascesa del Matese e già cominciamo a sottolineare che abbiamo una specie in più rispetto all´anno scorso. Ne mancano solo circa altre 130... Alle 5:00 siamo nella zona alta, oltre i 1000 metri. Finalmente si sente l´allocco. Puntuale alla "Taverna dell´impiccato" anche lo zigolo giallo. Qualche sosta al limitare di vari boschetti: prima sentiamo e vediamo dei fiorrancini, più tardi ascoltiamo un codirosso in canto (imparato poche settimane prima al meeting in Abruzzo). Anche questa è una new entry!
Usciamo dai boschi e ci affacciamo sul versante pietroso del Matese che rientra in provincia di Benevento. Qui fa sempre un freddo sconcertante. Dopo aver raccomandato più volte agli altri di portare una giacca pesante, ovviamente ho dimenticato la mia sull´appendiabiti della porta di casa. Fortunatamente ho con me una moltitudine di indumenti (per tutte le situazioni climatiche possibili) e li indosso tutti. La mobilità è scarsa, ma la tenuta termica accettabile. Francesco sistema il cannocchiale e si mette alla ricerca di calandro, codirosso spazzacamino, codirossone etc. Insensibile alle intemperie, immobile dietro la barba folta e la corporatura massiccia: un bue muschiato nella tundra artica. Di contro, Rosario si infila nelle spalle e si "arrogna" nel tentativo di ridurre la superficie esposta al freddo. Soffre, ma non si lamenta. Di tanto in tanto emette un fruscio di aria risucchiata attraverso i denti.
Per circa 20 minuti non compare nulla. Poi comincio a sentire il canto di un codirossone-sirenetta; mi giro intorno come in preda ad un miraggio; nel frattempo Rosario l´ha individuato col cannocchiale su un filo elettrico. Spicca il volo e ci regala tutta la bellezza dei suoi colori, esaltata nella luce tersa dell´alba. Quindi scompare, "pari a vènti leggeri e del tutto simile a un alato sogno"... La fortuna ci arride: le tottaville cominciano a cantare, si fa vedere il calandro, poi Francesco "appizza la recchia pulicanina" e sente un prispolone, ma noi siamo scettici. E invece ecco che compare a cantare sulla nostra testa, anche lui su un filo elettrico. Troviamo anche uno spazzacamino, sentiamo il picchio rosso max. L´unico che manca all´appello in questa zona è il gracchio corallino; non lo troveremo neanche altrove.
Sono le 6:30; ritorniamo sui nostri passi dirigendoci verso il lago Matese. Lungo la strada cantano anche tordo bottaccio, tordela e luì verde. Ci sembra di sentire anche il luì bianco; inizia un lungo dibattito che terminana con sentenza sfavorevole: probabilmente era solo il trillo finale di un luì verde. Soste per cincie: disquisisco sul canto di una per me evidente cincia bigia, che poi compare per darmi soddisfazione. Rosario compie un gesto contrario allo spirito masochistico della competizione e si mette a riprenderla con una telecamera. Glielo concediamo, ma solo stavolta. Prendiamo anche cinciallegra e cinciarella, ma ci sfugge la mora. Proseguiamo senza dare importanza al fatto... e come tutti sanno, ad ogni gara almeno un uccello facile ti si inc*** a tradimento.
Alle 7:30 siamo al lago. Perdiamo un mare di tempo per osservarlo tutto e per cercare, senza successo, la dannata coppia cincia mora & zigolo muciatto. Sono specie facili, le davamo per certe... argh! Ci concentriamo sullo specchio d´acqua: morette tabaccate (6) e moriglioni (2); compare il falco di palude. Facendo il giro del lago percepisco dall´auto in moto una sterpazzola in canto: alziamo i binocoli ed è lì, su un albero a una ventina di metri. Oh, pulicano, mio pulicano! Ma le sorprese non sono finite: prima rivediamo la Gru già segnalata da Francesco alcuni giorni prima (vista anche alla gara di due anni fa, stessi giorni, stesso posto... incredibile!); poi un falco prende il volo da un filo: Rosario, che sui rapaci se la cava decisamente meglio di noi, ci fa notare che non è il solito gheppio, bensì una molto più interessante femmina di falco cuculo. Bene: più si scongela e più diventa produttivo! Poco dopo ci scoverà anche un falco pecchiaiolo in scivolata sui boschi.
Sono quasi le 10:00; come numero di specie siamo circa in pari rispetto all´anno scorso, o forse poco sotto, ma come temevamo abbiamo accumulato un ritardo di almento 1h-1h30. Inoltre l´aver mancato una manciata di specie comuni ci manda un po´ in agitazione. Che fare? dopo qualche tentennamento, prendiamo una decisione drastica: il grosso delle specie montane è fatto, meglio abbandonare al loro destino quelle che non si son fatte vedere e scendere giù dal Matese tagliando buona parte dell´itinerario previsto. Durante la discesa sperimento dal vivo la guida a lungo provata sulla play station, suscitando approvazione in Francesco, qualche timida riserva in Rosario, e pregando tutti i santi che non arrivi l´ennesima multa da parte dei subdoli e avidi comuni del circondario (in meno di una anno tra me e Francesco ci abbiamo già lasciato dieci punti di patente!). Lungo la strada vediamo corvo imperiale e falco pellegrino, mentre l´aquila reale, come tradizione, decide di non farsi vedere.
Arriviamo quindi nella fascia pedemontana: dopo più di sette ore di bw ininterrotto la stanchezza si fa sentire... Rosario, evidentemente non abituato a questi ritmi, inizia a dare preoccupanti segni di cedimento e anche noi altri non siamo certo freschi. La preoccupazione aumenta al castello di Sant´Angelo d´Alife: la sterpazzolina scoutata da Francesco appena qualche giorno prima non da segni di vita e non abbiamo la lucidità per trovarne un´altra... ormai anche lei è in fila alle nostre spalle, dietro alla cincia bigia e allo zigolo muciatto; fortunatamente almeno il pigliamosche si fa vedere come previsto. Ci spostiamo nella zona di Pratella-Prata-Fontegraca e non senza sforzo aggiungiamo storno (ebbene sì, qui sono preziosi come l´oro!), ballerina gialla, nibbio reale e nibbio bruno, più qualche nobile doppione (pellegrino e falco cuculo). Niente da fare invece per tortora, gruccione e averla cenerina, che pure dovrebbe nidificare in zona.
Lasciamo finalmente il Matese. Sono le 14:30. E´ tardi, siamo stanchi, inizia a far caldo e nelle ultime ore abbiamo mancato alcune specie abbastanza facili. Parte la tipica depressione da attraversamento del casertano, condita da pronostici pessimistici e lamentele sul tempo perduto. I 20 minuti di autostrada vengono sfruttati per mangiare qualcosa e da Francesco e Rosario per chiudere un po´ gli occhi. Il risveglio nella zona del canale dell´Agnena non ci offre grandi mirabilia, solo quaglia, cannaiola e 2 nitticore (probabilmente deve esserci una piccola colonia in zona). Il minimo sindacale. E´ tardi e rinunciamo persino alla rituale sosta al caseificio... è tutto dire!!!
Finalmente alle 16:00 arriviamo trafelati alla foce del Volturno, nella zona dei Variconi. Siamo in grosso ritardo sul piano di gara, ma almeno la crisi di sonno sembra essere passata. Insperati un fischione e un cormorano ci risollevano un po´ l´umore. Non male, ma nulla a confronto di ciò che ci attende sul mare: centinaia e centinaia di gabbiani, sterne e pelagici assortiti... corriamo verso la spiaggia. Non abbiamo neanche il tempo di piazzare i cannocchiali che compaiono le prime berte. Ne passano a decine e in continuazione e sono vicinissime! In pochi minuti Francesco scova anche una berta minore. E´ una botta di adrenalina che scatena una forza che sembrava esaurita: siamo in piena trans agonistica. Ecco che compare anche una sterna maggiore. E´ un crescendo di emozioni ed esaltazione. Mentre siamo ancora intontiti da tanto selvaggio spettacolo, Francesco grida "Labbo"! E´ a poche decine di metri dalla riva. Ce lo guardiamo increduli e felici, trasportati anche noi sulla superficie del mare, cavalcando l´onda di questa climax orgasmica. Ma siamo in gara, Rosario guarda già altrove e alle nostre spalle, nello stagno, scova anche una marzaiola; ma non è sola: ecco tre fraticelli in volo sulle nostre teste... Proabuilmente a mare c´è dell´altro, ma è dannatamente tardi, per cui ci accontentiamo e andiamo via. In fondo qui abbiamo mancato solo il porciglione, evidentemente offeso per il nostro cambio di nome rispetto alla gara autunnale (appunto I tre porciglioni).
La seconda tappa del litorale sono i Regi Lagni. Anche qui c´è un gran movimento, con centinaia e centinaia di mignattini in volo lungo la riva (peccato non aver trovato nessun alibianche e nessun piombato); segniamo comunque gabbiani corallino, roseo e diversi limicoli (chiurlo piccolo, pivieressa, beccacia di mare, etc). Sulla garzaia tra le garzette si nascondono un guardabuoi e qualche sgarza. Pur senza grandi rarità è chiaro che ormai non siamo distanti dal punteggio dell´anno scorso... e se le vasche di Ischitella si mantengono sul loro standard....
Dopo un giro infruttuoso al lago Patria, dove fino a una settimana prima sostavano ancora uno svasso piccolo e dei mestoloni, finalmente giungiamo alle mitiche "Ischitella pools"... e non ci deluderanno! Sono da poco passate le 19:00 e purtroppo quest´ultima fase della gara assume per me i contorni sfumati di un sogno. Nel vero senso della parola, perché ho ceduto di schianto e tendo ad addormentarmi appena abbasso il binocolo. Gli altri di tanto in tanto mi svegliano per indicarmi qualcosa: Francesco è ancora solido; Rosario in questa fase dà addirittura il suo meglio. Ci sono moltissimi limicoli e quasi nessuno sfugge alla lista. Rosario scova tra i gambecchi un nano e offre un lifer a me e Francesco. Per noi il primo della giornata. C´è ancora un fenicottero, che sosta qui da quasi un mese. Compaiono anche spatole, volpoche, piovanelli maggiori, un gabbianello e un mai così gradito airone cenerino. Ci sono le bellissime pernici di mare...
Il sole è quasi tramontato. Prendiamo un stradina interna che porta sul retro delle vasche, in un punto dove i limicoli possono essere guardati più da vicino. Ogni gara presenta sempre una sorpresa indimenticabile. Questa volta sembra che un regista abbia preparato il colpo di scena finale. Appena sceso dalla macchina, Rosario, con la calma serafica che lo contraddistingue, individua l´ultima specie della giornata: gufo di palude! Sui pratoni a una ventina di metri, caccia comparendo e scomparendo dietro i cespugli. E´ un lifer, e che lifer: è vicino, è enorme, non fa per niente caso a noi, è bellissimo.
Questo ultimo colpo ci fa subito pensare ad Ottavio: possiamo battere il nostro record dell´anno scorso! (come capiremo dopo mancava solo un´altra specie). Pecchiamo di tracotanza e li nominiamo più volte (Ottavio e il record). Forse era il caso di non farlo: giudicherà il lettore da quanto segue. Sperando in qualche ultima botta di culo ci inoltriamo nel sentiero che porta al retro delle vasche. Ma è cresciuta dell´erba molto alta. La attraversiamo impavidi, ahimé, come l´avranno attraversata i bufali in questi giorni... Appena fuori dalla selva, Francesco è preso da un dubbio, che esprime ad alta voce: "Ma non è che ci riempiamo di zecche?". Abbassiamo timorosi gli occhi alle gambe: ne siamo pieni, cazzarola! Cerchiamo di spulciarci velocemente, ci controlliamo a vicenda, ma ci prende una crisi di prurito e pizzicorio diffuso per tutto il corpo. L´immaginazione vola subito alla parti che non abbiamo ancora controllato... quindi fuga alla macchina. Il record dell´anno scorso resterà intatto.
Alla macchina ci spogliamo dalla testa ai piedi e ci infiliamo i pigiami che avevamo in borsa, cambiamo calzini e scarpe e buttiamo tutti gli indumenti contaminati nel cofano (della mia povera panda...). Decidiamo che la gara è finita. E´ ormai quasi buio. Ce ne torniamo a casa in pigiama. Sull´uscio delle rispettive case le mamme si chiederanno il perché di questo insolito abbigliamento, e appreso il motivo, protesteranno un po´ a farci entrare. Ma siamo soddisfatti. La gara è stata emozionante e indimenticabile. Il conto finale delle specie assomma a 134. E il finale rocambolesco darà a questa giornata i contorni del mito, imprimendo una traccia indelebile nella nostra memoria, conquistando un posto d´onore nella nostra personale galleria delle migliori avventure di birders.
[*] Il significato dell´espressione "uwhà, e cche ttien´´e rrecchie´e pulicano?!" (letteralmente "minchia, hai forse le orecchie del pellicano?!") è abbastanza noto ai napoletani ed indica stupore di fronte a qualcuno che abbia mostrato un udito molto fine (spesso facendosi i fatti degli altri). Ignota invece la motivazione di tale espressione. Cercando in internet, Francesco si è imbattuto sempre nella stessa spiegazione, che fa riferimento ad un mitico udito del pellicano, il quale sarebbe in grado di percepire il richiamo della prole a chilometri di distanza. Onestamente, come spiegazione non ci pare molto convincente. Sui dizionari dialettali che ho consultato non c´è traccia di questa espressione... mah!. In effetti il nome ci è piaciuto proprio per la sua stranezza, per cui, avvolto in questo alone di mistero, il pulicano è subito diventato uccello "totemico", cui affidare le sorti della nostra gara e il corretto funzionamento delle nostre "recchie" (che hanno giocato un ruolo fondamentale in tutta la prima parte della giornata).